Volkswagen si trova di fronte a un buco da 11 miliardi di euro: il gruppo prepara tagli dolorosi
Volkswagen ha avviato un nuovo ciclo di austerità per stabilizzare il flusso di cassa in calo e contenere l’aumento dei costi di finanziamento. Secondo fonti interne, i fondi destinati ai progetti di sviluppo sono stati ridotti, la modernizzazione degli impianti è stata posticipata e le attività non strategiche sono ora in vendita.
Tra le società che potrebbero essere cedute figurano il produttore di motori Everllence (ex MAN Energy), la società di ingegneria IAV e il celebre studio di design ItalDesign. La cessione di quest’ultimo era già stata ipotizzata all’inizio dell’anno, ma ora il progetto sembra sempre più concreto.
Gli analisti avvertono che la pressione finanziaria potrebbe portare a un declassamento del rating creditizio, rendendo i prestiti più costosi e riducendo ulteriormente la flessibilità finanziaria di Volkswagen. Il circolo vizioso tra costi del debito in aumento e liquidità in diminuzione rischia di aggravare la crisi se non verranno adottate misure drastiche a breve.
Leadership sotto pressione
La crisi finanziaria ha già avuto ripercussioni ai vertici del gruppo. L’amministratore delegato Oliver Blume, che ricopriva anche la guida operativa di Porsche, ha lasciato la gestione quotidiana del marchio sportivo per concentrarsi esclusivamente sulla crisi Volkswagen. Porsche è ora affidata a Michael Leiters, ex CEO di McLaren e Ferrari, con il compito di proteggere la redditività del marchio e isolarlo dalle difficoltà del gruppo.
Un settore in piena trasformazione
Le difficoltà di Volkswagen riflettono una crisi più ampia nell’industria automobilistica tedesca. I costi dell’elettrificazione aumentano, il mercato cinese si restringe e la concorrenza dei produttori cinesi di veicoli elettrici si fa più agguerrita. Allo stesso tempo, le normative europee sulle emissioni mettono sotto pressione modelli di business che in passato garantivano profitti costanti.
Resta da vedere se Volkswagen saprà superare questa tempesta come fece dopo il Dieselgate. Ma un buco da 11 miliardi di euro è impossibile da ignorare: una cifra che scuote le fondamenta dell’industria tedesca.