
Le fabbriche Jaguar Land Rover restano ferme: hacker paralizzano il gioiello dell’auto britannica
Jaguar Land Rover ha confermato che la sospensione forzata della produzione proseguirà almeno fino al 1° ottobre. È passato quasi un mese dall’attacco informatico avvenuto a inizio settembre, ma le linee di assemblaggio restano ferme. I sistemi sono stati immediatamente disattivati per limitare i danni, ma il ritorno alla normalità appare sempre più lontano.
A peggiorare la situazione, due settimane dopo la violazione l’azienda ha ammesso che alcuni dati sono finiti nelle mani dei criminali. Non è stato specificato quali informazioni siano state sottratte, alimentando il clima di segretezza in un contesto già teso. Le speranze di riprendere la produzione entro il 23 settembre sono svanite e il silenzio continua a regnare negli stabilimenti.
Dei 33.000 dipendenti Jaguar Land Rover, moltissimi sono a casa mentre lo stop brucia liquidità. L’ex responsabile tecnico Land Rover Charles Tennant stima un fatturato medio giornaliero di 75 milioni di sterline, con perdite di circa 5 milioni al giorno. La produzione è ferma a Solihull e Halewood, così come nello stabilimento motori di Wolverhampton, con ripercussioni anche in Slovacchia, Cina e India.
La gravità della crisi è confermata dall’intervento del governo britannico. Il Segretario alle Attività Produttive Peter Kyle e il Ministro dell’Industria Chris Macdonald incontreranno i vertici JLR per discutere la tutela dei posti di lavoro e limitare i danni economici più ampi.
Per un marchio che incarna lusso e ingegneria britannica, la vicenda sembra uscita da un thriller informatico più che dalla routine produttiva. La questione ormai va oltre le auto: riguarda fiducia, sicurezza e la scomoda realtà di quanto anche i giganti industriali siano vulnerabili quando la spina viene staccata all’improvviso.